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PERSONAGGI STORICI

TRIMALCIONE

 

Il Satyricon di Petronio è un’opera scritta intorno alla metà del I secolo d.C. da Petronio presso la corte di Nerone (37-68 d.C.) e morto suicida nel 66 d.C. perché sospettato di aver partecipato ad una congiura contro l’imperatore.

Il Satyricon, giuntoci incompleto, è una rappresentazione comico-romanzesca del mondo contemporaneo all’autore, attraverso le avventure dei personaggi principali. Il testo si inserisce in  un clima intellettuale particolarmente attento alla riflessione sulla degenerazione del potere imperiale e sulla decadenza morale della società romana. Petronio, infatti, servendosi del filtro della finzione letteraria e dell’ironia a più livelli, si limita a fotografare con realismo il mondo in cui vive e ne fa il vero protagonista della sua opera, da cui emergono tutti i difetti e i vizi della società contemporanea: l’esasperazione dei piaceri materiali, come il cibo e il sesso, il predominio dell’esteriorità sui valori morali, la tendenza al lusso e l’ostentazione della ricchezza, tipica soprattutto dei nuovi ricchi, i liberti.

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Il Satyricon è un racconto in prima persona del protagonista, Encolpio, il quale, scacciato come capro espiatorio dalla sua città e perseguitato dal dio Priapo, intraprende un lungo viaggio attraverso il Mediterraneo - e in particolare lungo le coste dell’Italia meridionale - che diventa occasione di incontro e di scontro con molti altri personaggi; suoi compagni di avventura sono per gran parte della narrazione altri due giovani, Ascilto e Gitone, suo amante. Le mille vicende, trame e sottotrame del Satyricon sono collegate o per incastro o per successione a catena, senza pause e senza soste, restituendo così l’impressione di una struttura narrativa sempre in movimento e in perenne trasformazione.

Ricostruire la struttura e il contenuto del romanzo non è però semplice perché il testo del Satyricon non è conservato integralmente; è probabile che originariamente l’opera comprendesse venti o ventiquattro libri (come i poemi omerici), ma nelle edizioni moderne viene ripartita in 141 capitoli.

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La Cena Trimalchionis è un lungo episodio (dal capitolo 27 al capitolo 78) del Satyricon di Petronio che, a differenza della maggior parte del romanzo, tramandatoci in modo soltanto parziale, è giunto integro fino a noi. Nella ricostruzione moderna del Satyricon, l’episodio occupa il centro della narrazione e racconta la cena-spettacolo a casa del liberto Trimalchione (o Trimalcione), il quale è l’emblema del “servo arricchito”, cioè del liberto  che è riuscito ad accumulare notevoli ricchezze, ma che non sa come usarle (se non per farne sfoggio di fronte ai suoi ospiti) e che si dà arie da raffinato poeta, pur essendo rozzo e ignorante.

Trimalchione, insomma, vorrebbe essere ciò che non è, e quindi risulta ridicolo o persino grottesco. Durante la cena si intavolano quindi discorsi apparentemente seri ed elevati sul senso della vita e della morte, ma si finisce poi per raccontarsi soprattutto storie scabrose o persino macabre, e ci si abbandona al vino e agli incontri erotici. 

 

La Cena Trimalchionis, lungi dal seguire un andamento coerente e narrativo, si frantuma in singole scenette e il sontuoso banchetto, dove vengono servite portate simili a opere d’arte, non è altro che una cornice in cui si inseriscono diversi quadretti (come i discorsi retorici di Trimalchione e dei suoi ospiti, i racconti di eventi stupefacenti, le danze, gli spettacoli circensi) che concorrono a creare un’atmosfera realistica e al contempo barocca, di cui i veri protagonisti sono il lusso, la volgarità e l’eccesso. 

Del lungo passo della Cena sono particolarmente significativi i due brani che aprono e chiudono l’episodio poichè

 delineano sia la figura del liberto Trimalchione  sia l’atmosfera dell’intero banchetto. Pertanto vi proponiamo la lettura della prima parte della vicenda in cui Trimalcione fa il suo ingresso in sala "a suon di musica".

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«In questo momento, fa il suo ingresso Trimalcione. Non cammina: «è trasportato, a suon di musica, sdraiato su soffici cuscini». Indossa anelli e bracciali d’oro di varie dimensioni; al seguito, ha un codazzo di servi, che sono una rappresentanza assai sparuta delle migliaia al suo servizio. Inevitabile che con l’arrivo del dominus il banchetto faccia un ulteriore salto di qualità, nella direzione dell’abbondanza e dell’eccentricità. La portata che segue – racconta sempre Encolpio - è inferiore all’attesa, ma è comunque in grado di stupire per la propria originalità: «Era infatti un grosso piatto rotondo che aveva tutto introno i segni dello zodiaco, sopra ciascuno dei quali il cuoco aveva piazzato una specialità appropriata al simbolo: sull’Ariete dei ceci di Arezzo; sul Toro un quarto di bue; sui Gemelli testicoli e rognoni; sul Cancro una corona; sul Leone fichi africani; sulla Vergine una vagina di scrofa; sulla Libra una bilancia con una focaccia in un piatto e un polpettone nell’altro; sullo Scorpione un pesciolino di mare; sul Sagittario un gufo; sul Capricorno un’aragosta; sull’Acquario un’oca; sui Pesci due triglie. Al centro, poi, una zolla di terra strappata con tutta l’erba attaccata sosteneva una favo di mele. Uno schiavetto egiziano distribuiva pane caldo in giro prendendolo da un forno portatile d’argento»

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APICIO

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Apicio, il cui vero nome era Marco Gavio, è da sempre legato alla gastronomia, alle buone pietanze, alle cene succulente. A lui si deve la raccolta di ricette gastronomiche che costituisce il nucleo preponderante del De re coquinaria.
Possiamo fissare la data di nascita di Apicio  intorno al 25 a. C.
Molto ricco, passò alla storia per le sue stravaganze culinarie: manicaretti a base di talloni di cammello, intingoli di creste tagliate a volatili vivi, oche ingrassate nei fichi secchi e ingozzate con mulsum, lingue di usignoli, di pavoni e di fenicotteri. Si ignora la data precisa della sua morte, che si può porre alla fine del regno di Tiberio.
Le sue ricerche culinarie non dovettero essere in realtà così stravaganti, ma è sicuro che molti dolci e soprattutto salse presero il suo nome. Non bisogna dubitare del fatto che Apicio abbia realmente composto un’opera di cucina, anche se sembra piuttosto che egli ne abbia composte due: una spesso citata, unicamente sulle salse; un’altra su piatti completi.
 Il “De re coquinaria” è un testo molto complesso e costituito da più sezioni non omogenee tra loro, perché probabilmente composte in più secoli (dal I a.C. al IV d.C.). L’opera  è costituita da ricette di salse e di piatti completi. 

 

 

 

 

 

 

 

ALITER IN GRUEM VEL ANATEM ELIXAM

piper, ligusticum, cuminum, coriandrum siccum, mentam, origanum, nucleos, caryotam, liquamen, oleum, mel, sinape et vinum.

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Traduzione

In altro modo gru o anatra lessata

Pepe, ligustico, cumino, coriandolo secco, menta, origano, pinoli, caryota, liquame, olio, miele, senape, e vino.

 

Preparazione

Anatra lessata con pinoli e datteri

Taglia a porzioni l'anatra eliminando i cuscinetti di grasso e le ossa della schiena, del petto e del collo. Stendi in una brasiera larga e bassa. Polverizza 6 grani di pepe, altrettanto di ligustico, un pizzico di kummel (cumino), 1 cucchiaio di coriandolo, 1 cucchiaio di menta secca, 1 cucchiaio di origano, 25 g di pinoli, 2 grossi (o 4 piccoli) datteri e 1 cucchiaio di senape in grani. Riprendi con 3 cucchiai di salsa di soia, 3 cucchiaini di pasta d'acciughe (liquame), un cucchiaio d'olio, 1 cucchiaio colmo di miele, 1 bicchiere intero di Marsala secco, 1 cucchiaino d'aceto e 1 pizzico di sale. Mescola alla carne, aggiungi acqua quasi a filo. Cuoci a basso fuoco, mescolando di tanto in tanto, fino a che l'acqua è evaporata e la salsa è densa.

 

POLPETTE AVVOLTE NELL'OMENTO

Trita la polpa e mescolala a midolla di pane bianco (è il Triticus hibernum) imbevuta di vino. Pesta insieme pepe e Salsa, se vuoi, e bacche di mirto prive di semi. Forma delle polpettine mettendoci dentro pinoli e pepe. Copri con l'omento e cuoci nel mosto cotto.

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POLPETTE RIPIENE

Prendi grasso fresco di fagiano arrostito, induralo e fanne dadi che metterai nelle polpette insieme a pepe, salsa, vino dolce cotto. Cuoci il tutto in salsa allungata d'acqua e servi.

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VULVETTE

Per fare delle vulvette come se fossero polpette sminuzza la polpa di due porri senza buccia ammollati, unisci del pepe tritato e del cumino, ruta e Salsa. Pestato ancora il composto perché si possa ben amalgamare, mettici grani di pepe e pinoli e batti in un mortaio pulito. Cuoci con acqua, olio, Salsa, un mazzetto di porri e d'aneto.

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FEGATO COTTO ALLA BRACE

Il fegato si chiamava iecur, ma, vista l’abitudine di far ingrassare i maiali o gli altri animali con i fichi, il nome piano piano cambiò il ficatum da cui deriva il nostro fegato.

Gli ingredienti per questo fegato cotto alla brace sono i seguenti: fegato di maiale, aceto, pepe, sedano, bacche di alloro, sale, pepe, budelli di maiale (che possiamo sostituire con della rete alimentare).

Procedete in questo modo: tagliate a pezzi il fegato e fatelo marinare per un po’ insieme all’aceto, al pepe macinato, al sedano tritato e alle bacche di alloro. Trascorso il tempo di riposo, togliete il fegato dalla marinata, salatelo, pepatelo e mettetelo nei budelli (o nella rete) avendo cura di legare per bene. Quindi fate arrostire queste salsicce espresse su una griglia unta e rovente.

RICETTE
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