Vino
"Da dove potremmo cominciare se non dalla vite, rispetto alla quale l'Italia ha una supremazia così incontestata, da dar l'impressione di aver superato, con questa sola risorsa, le ricchezze di ogni altro paese, persino di quelli che producono profumo? Del resto, non c'è al mondo delizia maggiore del profumo della vite in fiore."
(Plinio, Naturalis historia, XIV)
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La storia
Il vino, bevanda antichissima, era conosciuto nel Mediterraneo già nel II millennio a.C. La coltivazione della vite sembra avere avuto origine dall'Asia minore, ma secondo alcuni studiosi la vite esisteva in Toscana fin prima della comparsa dell'uomo. Trovandola, gli Etruschi l'avrebbero addomesticata da selvatica qual era. Inizialmente la supremazia apparteneva ai vini della Grecia poiché si riteneva che i romani trascurassero il raccolto, ma grazie ad un gran numero di schiavi importati, la produzione aumentò. L’Italia acquisì una supremazia nella coltivazione del vino ed era ritenuta prediletta dal dio Bacco. Le origini della viticoltura romana hanno radici soprattutto autoctone. I Romani avevano una profonda conoscenza dei segreti della coltivazione e della vinificazione e impararono a costruire aziende agricole razionali e capaci di produrre, con grandi guadagni e piantagioni specializzate a conduzione schiavile, crearono inoltre dei terrazzamenti che consentirono di produrre le più famose qualità di vino. Le donne romane non potevano bere vino ma questo divieto decadde in età imperiale.
La raccolta e la lavorazione
I romani raccoglievano i grappoli d'uva ben maturi, con coltelli a forma di falce, e li portavano in cantina con ceste, scartando quelli immaturi ed alterati, che servivano per produrre il vino degli schiavi. Alla prima pigiatura dell’uva si otteneva un succo considerato di ottima qualità, il mustum calcatum, che veniva fatto fermentare nei dogli e da qui travasato in anfore fra Marzo e Aprile, dove veniva lasciato a invecchiare anche fino a 20 - 25 anni. Talvolta invece la fermentazione avveniva all’aperto in anfore di terracotta o botticelle di legno, con l’aggiunta di mosto cotto (defrutum) che ne aumentava la gradazione alcolica o veniva cotto. Dopo Aprile il vino doveva essere assaggiato e ciò spettava a degustatori patentati ("haustores") che classificavano i vini; specializzati nell'arte di degustare per primi e dare giudizi su cibi e bevande destinati ai grandi banchetti o ai potenti dell'epoca, che temevano di essere avvelenati. I degustatori patentati si attenevano a poche ma inderogabili norme che regolavano la degustazione: non bere nè a digiuno, nè avendo mangiato troppo; non bere dopo avere mangiato o bevuto qualcosa di acido o di salato; non deglutire il vino che si sta degustando ma, dopo averlo tenuto un poco sulla lingua, sputarlo; scegliere, quando si vuole"degustare", un giorno in cui tiri la tramontana, anzichè lo scirocco, in quanto lo scirocco intorbida il vino. In base ai risultati dell'assaggio si stabilivano gli eventuali tagli e i trattamenti di affinamento ed invecchiamento. I Romani bevevano il vino invecchiato per tre o quattro anni.
Come e quando
Il vino poteva essere Atrum (rosso) o Candidus ( bianco ) o Rosatum (rosato) un litro costava circa tre euro ed era quasi sempre allungato con acqua o con acqua di mare e la proporzione era stabilita dal magister bibendi; veniva poi mescolato a spezie, erbe aromatiche, mirra, petali di fiori,trattato con il mosto per aumentarne la gradazione e a volte veniva manipolato aggiungendo ingredienti non sempre “alimentari”: cloruro di sodio o gesso o profumi o pece con resine particolari o scaglie di ostriche tritate poiché si pensava che l’aggiunta di tali sostanze contribuisse a meglio conservare il vino (a volte per esaltarne il sapore veniva unito a pepite d’argento); c’era inoltre chi lo beveva puro e chi per ostentare la ricchezza facendolo passare attraverso la neve (il vino si beveva nella stagione estiva quindi trasportare la neve prima che si liquefacesse era complesso e dispendioso). Nei Thermopolia, che si aprivano nelle strade delle città, il vino veniva servito caldo, accompagnato da cibi che, già pronti, potevano essere mangiati con facilità. Il vino veniva trasportato in anfore chiuse con tappi di sughero sigillate con la pece affinché invecchiasse e su queste vi era un'etichetta che portava il luogo di provenienza del vino, il nome del produttore e quello del Console in carica; furono poi sostituite dalle botti.
Il vino rappresentava il rimedio agli affanni,veniva bevuto per onorare i morti e in onore della donna amata (si bevevano tante coppe quante fossero le lettere della donna) o per brindare a nuovi progetti. Nonostante siano trascorsi millenni e il mondo si sia completamente trasformato, Roma rimane circondata da vigneti e caratterizzata da una produzione di vini che continuano a essere richiesti e apprezzati soprattutto dai romani.