IL PESCE NELL'ANTICA ROMA
Nell'antica Roma il pesce veniva consumato essenzialmente nei periodi di carestia, ma in seguito venne considerato un alimento essenziale. Tra le specie più conosciute troviamo l'orata, il luccio, la sogliola e la triglia. Già nell'antica Roma era conosciuto il metodo di allevamento nelle vasche e tra i molluschi e crostacei allevati nelle vasche troviamo scampi, seppie, polpi, astici, aragoste e altri molluschi che venivano mangiati accompagnati da verdure bollite, salse varie, carne e uova. L'ostrica era il mollusco più richiesto sulle tavole dei Romani e i più benestanti possedevano vasche dove allevare questi molluschi.
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(Fonte: www.colosseo-roma.it)
Il garum
Il garum è una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato che i Romani usavano per condire primi e secondi piatti. Fu usato per la prima volta in Grecia, per cui si pensa che l'origine del termine derivi dalla parola greca "γάρος", ossia il nome del pesce che si usava in antichità per produrre questa salsa. Le prime testimonianze di uso del garum si possono ritrovare negli scritti di poeti greci, ma notizie più precise sono riportate nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. In quest'opera apprendiamo che il garum è un liquido fatto con intestini, branchie e sangue di pesce macerati nel sale e che, sebbene sia fatto con gli scarti del pesce, era una salsa molto pregiata. Dopo la macerazione il pesce si auto-digerisce grazie a degli enzimi proteolitici presenti nelle interiora del pesce. Questo settore dell'economia era molto importante per le città che affacciavano sul mare, in particolare quelle situate sullo stretto di Gibilterra, infatti sulle coste iberiche e del Marocco sono state rinvenute strutture adibite alla preparazione del garum. La salsa veniva realizzata nelle strutture adibite all'allevamento ittico in apposite vasche di fermentazione. I tipi di garum in commercio erano vari: vi era un garum senza condimenti, il gari flos e un tipo fatto con pesce a scaglie, chiamato garum castimoniale. C'era, inoltre, il garum sociorum che, essendo una salamoia in presenza di enzimi proteolitici, veniva usato come medicinale contro la scabbia degli ovini, le ustioni, i morsi di cani o di coccodrilli, la dissenteria, le ulcere e i malanni alle orecchie.
Altre fonti in cui troviamo l'uso del garum sono le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, in cui conferma l'etimologia della parola, le Geoponiche di autore ed epoca ignoti, il De re rustica di Columella in cui viene riportato l'uso del garum come rimedio contro la pestifera labes, malattia che era diffusa tra gli equini, nelle Epistulae morales ad Lucilium di Seneca e nel Satyricon di Petronio dove si evince la presenza del garum nei banchetti.
La ricetta del garum è riportata dal poeta Marziale.
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(Fonti: www.wikipedia.com e www.lastoriaviva.it)
Gli impianti per gli allevamenti
I Romani costruirono lungo le coste del Mare Nostrum moltissimi impianti, come porti, stagni marittimi, peschiere e cave. I Romani allevarono murene, orate, anguille, triglie e persino il pesce pappagallo. Gli stagni marittimi erano strutture più semplici e remunerative, usate per allevare e vendere il pesce nei mercati locali nonché per integrare la dieta con proteine nobili da parte dei piccoli possidenti. Gli stagni marittimi sorgevano infatti in aree marittime poco fertili del Lazio, della Campania e di alcune isole dell’arcipelago Toscano. Tale stagno raramente era scavato nella roccia, poiché troppo oneroso, più spesso invece era costruito sulla spiaggia con un impasto di calce e coccio pesto. Columella descrive anche le piscine per pesci come sogliole e rombi.
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(Fonte: www.biologiamarina.eu)
Vasche per l'allevamento degli sgombri dal sito di Almuñécar, Hispania Ulterior. (Wikimedia Commons)
Le ricette dei Romani
Garum (di Apicio)
Prendete pesci grossi come salmoni, anguille, sardine: quindi a tali pesci unite sale, erbe aromatiche secche come l'aneto, la menta, il levistico, il puleggio, il serpillo. Deponete un primo strato di queste erbe sul fondo di un grande vaso. Fate quindi un altro strato di pesci interi se piccoli, a pezzi se grossi. Coprite con uno spesso strato di sale e ripetete l'operazione dei tre strati fino a riempire il vaso. Chiudete il vaso e lasciate macerare per sette giorni. Poi per altri venti giorni rimescolate il miscuglio. Allora raccogliete il liquido che cola.
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Crostacei
Dividete in due i crostacei e disponeteli sulla gratella con il guscio rivolto alla brace. Preparate a parte del salmoriglio, ottenuto mescolando insieme olio, sale, pepe, aceto ed erbe aromatiche quali origano, timo e rosmarino. Spargete il composto durante la cottura sulla polpa bianca dei crostacei.
Naselli
Pulite dei naselli, ungete una pirofila con lardo, disponetevi il pesce salato, pepato, infarinato, bagnatelo con del vino bianco e un uguale quantità d'acqua. Passate la pirofila coperta in forno ben caldo per dieci minuti. Sfornate e sistemate i pesci sul piatto, bagnateli con il liquido di cottura rimasto, con qualche goccia d'aceto e copriteli con scagliette di lardo e aneto tritato.
Thynnus Uvae
Mettete le fette di tonno e le cipolle tagliate sottili in una padella in olio caldo. Quando il tonno è leggermente dorato toglietelo lasciando le cipolle ed aggiungete la farina mescolando per ottenere una salsa. aggiungete pepe, cumino, coriandolo, garum, uva , aceto, miele sempre mescolando e, quando saranno amalgamati, rimettete a cuocere il tonno per quindici minuti. Servire caldo.
TERRINA TYROTARICHA DI PESCE SALATO (di Apicio)
Pulite e cuocete in olio il pesce, poi uniscilo a cervella cotte, fegatini di pollo, uova sode, formaggio tenero e scaldate in terrina. Pestate pepe, ligustico, origano e una bacca di ruta unendoli a vino, mulso e olio cuocendo a fuoco lento. Poi unite il tutto mescolando uova crude e spruzzate con cumino.
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fonte: www.romanoimpero.com