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Vi presentiamo il nostro menù, caratterizzato da vini e frutta tipici dell'antica Grecia, con l'aggiunta di qualche nostra specialità.

Frutta (τράγημα)

Vini (οἶνος)

Vino di Chio (Χίος)

Vino forte e corposo

Vino di Taso (Θάσος)

vino profumato e aromatico

Retsina (Ρετσίνα)

vino da tavola, bianco o rosato aromatizzato con l'aggiunta di resina

Pere (ἄπιον)

Noci (κάρυον)

Mandorle (ἀμύγδαλον)

Fichi di Sparta (σῦκον)

Fichi dolci dell'Attica

IL VINO (οἶνος)

LE ORIGINI E LA STORIA

Secondo la mitologia greca fu Dionisio a donare il vino agli uomini e ad insegnare  loro i metodi di produzione e il suo corretto consumo. In suo onore, infatti,  si svolgevano le feste dionisiache e i culti orfici, nei quali il vino era il protagonista assoluto.Le prime testimonianze del consumo di questa bevanda risalgono addirittura all’età micenea, verso la metà del II millennio a.C. con il ritrovamento in taluni scali di frammenti di boccali al cui interno le analisi microbiologiche hanno rilevato la presenza di particelle di vino. Il grande sviluppo che questa bevanda ebbe in tutta l’Ellade fu anche agevolato dalla considerazione che il consumo del vino fosse sintomo di civiltà, da contrapporsi con il mondo barbaro, che invece era solito consumare la birra.La coltivazione della vite era diffusa uniformemente in tutto il mondo greco, tanto che anche gli ecisti che si imbarcavano dalla madrepatria per andare a fondare nuove colonie in Italia meridionale o sulle coste turche portavano con sé anche tralci di vino da impiantare nelle nuove terre da colonizzare: in un secondo momento, dall’Italia i Greci portarono la coltivazione della vite anche lungo le coste mediterranee dell’Africa, nella Francia meridionale e lungo le coste della penisola iberica.In Grecia si beveva anche vino importato, in particolare dall’Italia. I metodi e le tecniche di coltivazione delle viti, di produzione e di consumo del vino sono riscontrabili sulle decorazione dei vasi, i quali assumevano anche forme e nomi diversi a seconda dell’utilizzo per il quale erano preposti: tra tutti il più importante era il cratere, il grande vaso a forma aperta utilizzato nel banchetto per mescere il vino con l’acqua.

LA LAVORAZIONE

In Grecia le viti erano lasciate libere di scorrere sul suolo, protetto con materiali vari (rami o stuoie) per evitare il contatto diretto del frutto con il terreno e ciò richiedeva un numero elevato di unità lavorative pur essendo meno costoso. Nella stagione estiva uomini e donne si riunivano nelle vigne per diradare il fogliame, allo scopo di diminuire la traspirazione e per far sì che la luce penetrasse più a fondo favorendo la maturazione dei frutti; quindi un maggior tenore zuccherino, favorevole alla vinificazione.La vendemmia solitamente avveniva nella metà di settembre. Riempite le ceste di uva, questa veniva portata alla pigiatura, eseguita in conche di legno d'acacia stagionato o in muratura leggermente inclinate per favorire la colatura del mosto(τρύξ). Una parte del mosto veniva consumata subito, dopo aver subito leggere aggiunte d'aceto, mentre la quasi totalità di questo era destinato alla vinificazione. Il mosto veniva inviato alle cantine dove avveniva la fermentazione in grandi vasi terra cotta (πίθος),Per ridurre la traspirazione, i vasi, venivano interrati profondamente e cosparsi esternamente di resina e pece(πίττα). Questa tecnica conferiva al vino un aroma particolare, che si riscontra tuttora nel vino resinato greco.Dopo sei mesi di permanenza nei vasi, si procedeva alla filtrazione ed al travaso del vino in otri o anfore di terracotta appuntite per permettere la decantazione di eventuale deposito e successivamente commerciato.

 

DOVE,COME E QUANDO

Soprattutto grazie ad Omero abbiamo importanti informazioni riguardanti l'utilizzo e l'importanza del vino nell'Antica Grecia per quanto scritto tra le pagine dell'Odissea. Grazie agli scritti di Omero possiamo con certezza risalire alle abitudini alimentari dei greci di quell'epoca. Sappiamo che avevano una precisa divisione dei pasti durante tutto l'arco della giornata, precisamente sappiamo che i pasti durante tutto il giorno erano tre:

-l’ariston (ἄριστον) , consumato di primo mattino dove erano presenti sulla tavola pane e vino.

-il deiphon (δεῖπνον) , che corrisponde al pranzo

- il dorpon (δόρπον) ovvero la cena

La presenza del vino nelle mense della Grecia Antica era simbolo di prestigio sociale siccome la produzione e la lavorazione del prodotto richiedeva terreni e materiali di costo elevato.Toccava al simposiarca, il maestro delle cerimonie, il compito di regolare l’andamento del banchetto, stabilendo di volta in volta quanto vino bere, quando berlo e il suo livello di diluizione con l’acqua. I greci erano infatti perfettamente a conoscenza anche degli effetti negativi che l’abuso del vino comportava, tanto che alcune città emanarono addirittura delle leggi per regolarne il consumo.Per esempio, il vino non andava consumato puro, in quanto provocava effetti indesiderati e negativi, e quindi considerati barbari (si veda a tal proposito il famoso episodio di Odisseo e del ciclope Polifemo, al quale è fatto bere un vino che sarebbe dovuto essere mescolato con ben dieci parti d’acqua per poterlo sopportare). Al consumo del vino erano anche legati i momenti di maggiore comunanza all’interno delle poleis greche: oltre ai banchetti popolari, le principali famiglie cittadine si riunivano all’interno di una sala nel simposio (συμπόσιον che letteralmente significa proprio “bere insieme” ), i cui partecipanti mangiavano e bevevano sdraiati sui triclini.Il simposio non aveva solamente una funzione ludica, bensì anche quella di permettere alle persone appartenenti al medesimo ceto sociale di riunirsi per discutere di temi politici e di scambiarsi le proprie opinioni. Durante il simposio diversi poeti e aedi si alternavano nel cantare e ricordare ai partecipanti la storia comune delle differenti famiglie, in modo da rafforzare il senso di appartenenza dei diversi membri della comunità.Queste bevute comuni avevano anche un significato religioso in quanto permettevano alle persone di entrare in contatto con la divinità mediante lo stato di ubriachezza, sfruttando adeguatamente le qualità liberatrici del vino. Il banchetto e il simposio si diffusero rapidamente anche sulla penisola italiana e divennero una pratica costante nella vita della comunità. Secondo alcuni filosofi e poeti, addirittura, il vino possedeva la virtù di mostrare la vera natura delle persone e di liberare il senso di verità che albergava al loro interno, da cui il proverbio in vino veritas coniato dal poeta greco Alceo.

VARIETA’ DI VINI

I vini dell’Antica Grecia erano corposi (la vendemmia veniva fatta in autunno inoltrato) con gradazioni elevate che arrivavano a sfiorare anche i 20 gradi, uno dei motivi per i quali venivano spesso bevuti allungati con acqua, spezie, aromi o miele (μέλι).

I vini greci erano classificati per il loro colore e si dividevano in bianchi, neri e mogano, per il loro profumo, per il quale erano utilizzati diversi tipi di fiori, come la rosa e la viola, e per il sapore, per addolcire il quale si utilizzava anche il metodo del riposo su un letto di uva appassita che rendeva il nettare particolarmente dolce (vino passito). Altri vini presentavano invece un gusto più aspro e acido ed erano classificati come secchi. Il problema principale consisteva nella conservazione dei vini stessi, data la scarsa resistenza all’aria; questi, infatti, tendevano a ossidarsi con discreta velocità e fu introdotto il processo di aggiunta della resina(ῥητίνη). Tra i vini celebri dell’epoca v’erano quello di Chio, forte e corposo, e quello di Thasio, profumato e aromatico. Famoso ancora oggi è invece il Retsina, un vino bianco prodotto in Grecia fin dai tempi più antichi, aromatizzato aggiungendo al mosto della resina di Pino d’Aleppo. Nacque dall’esigenza di avere un vino che non degradasse durante il trasporto, soprattutto quello via mare. I greci infatti, privi delle moderne conoscenze sulle tecniche di conservazione e soprattutto di imbottigliamento, conservavano il vino in anfore che, se non ben sigillate, facevano entrare la bevanda a contatto con l’aria e ne alteravano rapidamente la qualità e le caratteristiche originali.

FONTI http://www.informasalus.it/it/articoli/vino-antica-grecia.php

http://www.dicantinaincantina.it/-/il-vino-nell-antica-grecia

http://www.hedypatheia.it/vini/il-vino-nellantica-grecia-tra-storia-e-mito

LA FRUTTA

La frutta fece la sua comparsa nei banchetti greci intorno al  V secolo con il nome di τράγημα e veniva consumata a colazione e nelle terze tavole.Grazie ad Omero si sa che sin dai tempi più antichi si conosceva la vite e tra i frutti più diffusi c’era la pera,il melograno,le noci,le mandorle,i datteri,i fichi (frutto molto popolare ed abbondante che in tempi di carestia sostituiva il pane.Nell’antica Grecia era considerato un frutto altamente erotico al quale sono legati molti miti. Platone, soprannominato “mangiatore di fichi”, raccomandava agli amici di mangiarne in quantità perché, a suo dire, rinvigoriva l’intelligenza. L’albero dell’Eden, proibito da Dio all’uomo nel Vecchio Testamento, non sarebbe un melo, ma un fico: infatti  Adamo ed Eva, dopo averne mangiato il frutto, quando si accorgono di essere nudi, si coprono intrecciando foglie di fico).L’albero dell’ulivo come quello del fico erano considerati sacri e chi li danneggiava era punito severamente.Si è tramandato che “non vi era banchetto che non iniziasse con i prelibati fichi di Sparta o terminasse con quelli dolcissimi dell’Attica”.Molto amata dai Greci antichi era anche la frutta secca che non poteva mancare alla fine del pasto.Nelle cosiddette “terze tavole” che terminavano i banchetti traboccavano dai vassoi noci, mandorle, nocciole, fichi secchi, datteri e uva passa di Corinto.

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