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LA TRIREME GRECA

Trireme deriva dalla parola greca Τριήρης, formato dal prefisso τρι- (derivante da τρεῖς, τρία "tre") e dal radicale indoeuropeo *ar-, che indica l'idea di "ordinare" o "adattare".

La trireme comparve dapprima nella Ionia tra il 550 e il 525 a.C., per essere poi adottata dai Corinzi e, ben presto, anche dagli altri Greci. L'importanza storica delle triremi è notevole. Esse divennero l'arma principale dell'antica marineria greca. Le triremi, lucidamente volute e guidate da Temistocle, sconfiggendo la flotta persiana nella celeberrima Battaglia di Salamina, diventarono protagoniste di un momento di svolta per la storia e i destini politici del Mediterraneo.
L'utilizzazione delle triremi si prolungò fino a tutto il Medioevo, ma la fortuna della nave non cessò di esaurirsi facendola divenire il prototipo della galea.

Era un'imbarcazione leggera lunga circa 38/41 metri, larga circa 6 metri più un ingombro laterale di poco più di un metro di pescaggio.

Il 6 agosto 2008 c'è stato il recupero del relitto della nave greca del 500 a.C. a circa 800m dalla costa della rada di Gela. Il relitto recuperato era costituito da un'unica struttura lunga più di 11m che comprendeva la ruota di poppa e la chiglia della nave lignea affondata.

BARCA O ZATTERA?

Per Ulisse, ospite di Calipso, è arrivata finalmente l'ora di partire, come ha sancito il concilio degli dei, e come ha annunciato a Calipso, Hermes. L' eroe si costruirà da solo l'imbarcazione, poiché non ci si può attendere di trovare un'imbarcazione ad Ogigia. La dea lo assisterà indicandogli il luogo migliore per trovare il legname necessario, gli fornirà gli attrezzi e il tessuto per la vela. (Per ulteriori informazioni                  )                        Quando lo scafo ha preso forma aggiunge un rialzo all'estremità, una specie di castello (ìkria), che serve a far restare Ulisse all'asciutto anche con le onde più alte. L'ultimo tocco allo scafo è l'aggiunta dei bagli. Ulisse pianta nella sua barca un          , a questo viene aggiunto un            . In seguito l'eroe monta il timone e costruisce la vela con i panni che gli dà Calipso. L'ultimo cenno è per le manovre "bracci, gomene e scotte". Infine la barca con l'aiuto di leve viene spinta in mare. Parlando della cosa galleggiante che Ulisse si costruisce, abbiamo usato qualche volta il termine di "imbarcazione", qualche altra quello di "zattera", più vicini alla parola che Omero usa: "          ". La costruzione di Odisseo però sembra essere troppo complessa e sofisticata per potersi chiamare zattera; ed è qualcosa in cui riconosciamo i procedimenti del carpentiere navale in piena regola, non i mezzi di fortuna del naufrago sprovveduto che mette insieme alla meno peggio un galleggiante qualsiasi. Era inevitabile che nascesse una piccola questione: dobbiamo parlare di zattera o di barca? La giusta soluzione sta nel riconoscere che l'imbarcazione di Ulisse appare come una vera barca finché viene costruita, ma si comporta come una zattera nel resto del racconto, diventando ingovernabile appena il tempo si fa difficile. Il poeta è stato coerente solo nell'obbedire alle esigenze della narrazione e della comunicazione col suo pubblico, ma non ha voluto rinunciare a dei tocchi di precisa descrizione tecnica.

 

La zattera viene descritta nell' Odissea nel Libro V, vv. 228-277 riportati qui sotto.

 

 

ἦμος δ᾽ ἠριγένεια φάνη ῥοδοδάκτυλος Ἠώς,                                        
αὐτίχ᾽  μὲν χλαῖνάν τε χιτῶνά τε ἕννυτ᾽ Ὀδυσσεύς,

αὐτὴ δ᾽ ἀργύφεον φᾶρος μέγα ἕννυτο νύμφη,  230
λεπτὸν καὶ χαρίενπερὶ δὲ ζώνην βάλετ᾽ ἰξυῖ
καλὴν χρυσείηνκεφαλῇ δ᾽ ἐφύπερθε καλύπτρην.
καὶ τότ᾽ Ὀδυσσῆι μεγαλήτορι μήδετο πομπήν:
δῶκέν οἱ πέλεκυν μέγανἄρμενον ἐν παλάμῃσι,
χάλκεονἀμφοτέρωθεν ἀκαχμένοναὐτὰρ ἐν αὐτῷ  235
στειλειὸν περικαλλὲς ἐλάινονεὖ ἐναρηρός:
δῶκε δ᾽ ἔπειτα σκέπαρνον ἐύξοονἦρχε δ᾽ ὁδοῖο
νήσου ἐπ᾽ ἐσχατιῆςὅθι δένδρεα μακρὰ πεφύκει,
κλήθρη τ᾽ αἴγειρός τ᾽ἐλάτη τ᾽ ἦν οὐρανομήκης,
αὖα πάλαιπερίκηλατά οἱ πλώοιεν ἐλαφρῶς.  240
αὐτὰρ ἐπεὶ δὴ δεῖξ᾽ὅθι δένδρεα μακρὰ πεφύκει,
 μὲν ἔβη πρὸς δῶμα Καλυψώδῖα θεάων,
αὐτὰρ  τάμνετο δοῦραθοῶς δέ οἱ ἤνυτο ἔργον.
εἴκοσι δ᾽ ἔκβαλε πάνταπελέκκησεν δ᾽ ἄρα χαλκῷ,
ξέσσε δ᾽ ἐπισταμένως καὶ ἐπὶ στάθμην ἴθυνεν.   245
τόφρα δ᾽ ἔνεικε τέρετρα Καλυψώδῖα θεάων:
τέτρηνεν δ᾽ ἄρα πάντα καὶ ἥρμοσεν ἀλλήλοισιν,
γόμφοισιν δ᾽ ἄρα τήν γε καὶ ἁρμονίῃσιν ἄρασσεν.
ὅσσον τίς τ᾽ ἔδαφος νηὸς τορνώσεται ἀνὴρ
φορτίδος εὐρείηςἐὺ εἰδὼς τεκτοσυνάων,    250

τόσσον ἔπ᾽ εὐρεῖαν σχεδίην ποιήσατ᾽ Ὀδυσσεύς.
ἴκρια δὲ στήσαςἀραρὼν θαμέσι σταμίνεσσι,
ποίειἀτὰρ μακρῇσιν ἐπηγκενίδεσσι τελεύτα.
ἐν δ᾽ ἱστὸν ποίει καὶ ἐπίκριον ἄρμενον αὐτῷ:
πρὸς δ᾽ ἄρα πηδάλιον ποιήσατοὄφρ᾽ ἰθύνοι.   255
φράξε δέ μιν ῥίπεσσι διαμπερὲς οἰσυΐνῃσι
κύματος εἶλαρ ἔμενπολλὴν δ᾽ ἐπεχεύατο ὕλην.
τόφρα δὲ φάρε᾽ ἔνεικε Καλυψώδῖα θεάων,
ἱστία ποιήσασθαι δ᾽ εὖ τεχνήσατο καὶ τά.
ἐν δ᾽ ὑπέρας τε κάλους τε πόδας τ᾽ ἐνέδησεν ἐν αὐτῇ,    260
μοχλοῖσιν δ᾽ ἄρα τήν γε κατείρυσεν εἰς ἅλα δῖαν.

τέτρατον ἦμαρ ἔηνκαὶ τῷ τετέλεστο ἅπαντα:
τῷ δ᾽ ἄρα πέμπτῳ πέμπ᾽ ἀπὸ νήσου δῖα Καλυψώ,
εἵματά τ᾽ ἀμφιέσασα θυώδεα καὶ λούσασα.
ἐν δέ οἱ ἀσκὸν ἔθηκε θεὰ μέλανος οἴνοιο    265
τὸν ἕτερονἕτερον δ᾽ ὕδατος μέγανἐν δὲ καὶ ᾖα
κωρύκῳἐν δέ οἱ ὄψα τίθει μενοεικέα πολλά:
οὖρον δὲ προέηκεν ἀπήμονά τε λιαρόν τε.
γηθόσυνος δ᾽ οὔρῳ πέτασ᾽ ἱστία δῖος Ὀδυσσεύς.
αὐτὰρ  πηδαλίῳ ἰθύνετο τεχνηέντως     270
ἥμενοςοὐδέ οἱ ὕπνος ἐπὶ βλεφάροισιν ἔπιπτεν
Πληιάδας τ᾽ ἐσορῶντι καὶ ὀψὲ δύοντα Βοώτην
Ἄρκτον θ᾽ἣν καὶ ἄμαξαν ἐπίκλησιν καλέουσιν,
 τ᾽ αὐτοῦ στρέφεται καί τ᾽ Ὠρίωνα δοκεύει,
οἴη δ᾽ ἄμμορός ἐστι λοετρῶν Ὠκεανοῖο:      275
τὴν γὰρ δή μιν ἄνωγε Καλυψώδῖα θεάων,
ποντοπορευέμεναι ἐπ᾽ ἀριστερὰ χειρὸς ἔχοντα.

ORDINE DI VOGATORI

Una questione molto discussa da antichi, ma anche moderni studiosi è la differenza di livello fra gli ordini di vogatori. Il vero problema sta nel fatto che i Greci proseguirono con le loro invenzioni, costruendo la quadrireme, la quinquereme fino ad arrivare alle cifre inverosimili che compaiono per le flotte dell’età ellenistica. Per indicare dove sta il vero enigma, bisogna osservare una costante che segna tutta la lunga disputa. Gli assertori della differenza di livello hanno avuto buon gioco all’appoggiarsi a tante esplicite testimonianze. Nella questione intervennero anche nomi di rappresentanti molto illustri degli studi classici poiché prima c’era il senso di appartenere ad una civiltà tecnica ancora paragonabile a quella degli antichi, dove si conoscevano ancora le navi da guerra a remi, e quindi una diffusa curiosità. Infine c’era la speranza che le indagini sulla marina antica potessero dare dei frutti sul terreno pratico delle costruzioni navali.

Per secoli gli assertori della differenza di livello costruirono modelli sempre più verosimili alle trieri e cercarono anche di escogitare qualche soluzione all’enigma delle polieri. Per illustrare i principi che guidarono questo lunghissimo lavoro, abbiamo dato la parola al Padre Alberto Guglielmotti che nel 1889 li sintetizzò nel suo celebre Vocabolario marino e militare:

“Non è lecito dubitare degli ordini sovrapposti di remi e di rematori: fatto pubblico e notorio, ripetuto da tutti i classici, dai quali son ben distinti luoghi, nomi e persone… Ma tre condizioni: ogni sedile più in su, più indietro e più indentro… i rematori sopra sedili gradatamente più alti, più volti a prua, più vicini alla corsia”.

Però tutte le costruzioni sensate obbedivano ad un principio di una disposizione che non si accontentava di mettere l’ordine di remi e di rematori l’uno sull’altro, ma li inseriva in una struttura accuratamente elaborata, che prevedesse differenze di livello non eccessive, giocando su tutte e tre le dimensioni.

                                                                                           Tratto da P. Janni  "Il mare degli antichi" , ed. Dedalo

LESSICO NAUTICO

ναυτικός: nautico, navale
τὸ σκάφος: il battello, lo scafo
ἡ τριήρης-ους: la trireme
 ἡ ναυπηγία:la costruzione di una nave
ναυπεγέω: costruire navi
ἡ πρῷρα: la prora, la prua 
ἡ πρύμνα: la poppa 
ἡ τρόπις: la chiglia 
ὁ καλώς: la gomena 
ὁ οἵαξ-ακος: il timone , manubrio

τὸ πηδάιον:il timone, parte piatta di esso
ὁ κυβερνήτες-ου:il timoniere
ἐρέττω:remare
κυβερνάω:fare il  timoniere 
ἡ κώπη:il remo
ὁ ἐρέτης:il rematore
ὁ ναύτης:il marinaio
πλέω:navigare
ὁ πλοῦς-οῦ:la navigazione 
ὁ ὅρμο:l'approdo, il porto

τὸ ἕμβολον : il rostro, lo sperone
τὸ κατάστρωμα:  il ponte di una nave, la coperta
τὰ πληρώματα:l' equipaggio
ἡ ὐπηρεσία:i rematori
ἡ μακρὰ ναῦς:  la nave da guerra 
ἡ ὁλκάς : nave da carico
τό στρογγύλον πλοῖον: la nave mercantile 
ἡ φορτεγὸς ναῦς: la nave mercantile

ἀνάβαινω= imbarcarsi   v.145 l. XII (tec.)

ἐπετμόν, ου, τό= remo v.147 l.XII

πλησίστιος, ον=  che gonfia le vele  v.149 l.XII

ναῦς, νεώς=nave  v.166 l,XII

ὄπλον,ου, τό= manovra navale v. 288, l. XIII (tec.)

ἱστίον, ου, τό= vela v. 291, l. XIII (tec.)

πρότονος, ου, ὁ= sartia v. 290 l. XIII (tec.)

ἱστόσ, οῦ= albero della nave   v.578 (tec.)

κλείς, κλειδός= scalmo   v.579 (tec.) l.IV

ἐρύω= tirare, varare   v.577 (tec.) l.IV

ἀγκιστρεύω, γναμπτός, ἡ, ον= pescare con l’amo (incurvato) v.369 l.IV

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